“Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi.”
Italo Calvino
In un certo momento, durante la loro gioventù, gli aborigeni si allontanano dalla famiglia e dalla comunità di appartenenza, immergendosi nel bush, il deserto australiano ricco di cespugli e sterpaglia. Si spingono sempre più lontano, fino a quando la loro figura si fonde con i colori del tramonto. Scompaiono all’orizzonte. Così. La loro partenza è avvolta dal mistero e il loro ritorno, se avverrà, dipenderà da loro stessi. Intraprendono un misterioso rito di passaggio che è stato chiamato Walkabout.
Cosa motiverebbe gli aborigeni a intraprendere questo viaggio nel deserto? Qual è la forza che li spinge ad affrontare rischi così significativi? Si tratta soltanto di una sfida per superare la fame, resistere alle minacce dell’Outback selvaggio e dimostrare la propria autosufficienza alla comunità?
Il concetto di Walkabout, per noi occidentali, non è così lineare e intuitivo, specialmente quando osserviamo rituali tribali come questo con un distacco spesso giocoso. Per gli aborigeni, il Walkabout rappresenta un punto cruciale nel loro percorso di crescita individuale e collettiva. È un viaggio verso l’ignoto, un’opportunità di scoperta di sé stessi, un confronto diretto con l’immensità della creazione e una modalità tangibile di esplorare il mondo e di essere iniziati al cammino più impegnativo e tortuoso di tutti: la vita.
Nella società aborigena, il rituale del viaggio costituisce il fulcro dello sviluppo individuale, attraverso la temporanea separazione dalla famiglia e dalla tribù.
Ispirati dal Walkabout (ma non così estremi, a dir la verità) anche noi abbiamo sperimentato con alcuni clienti le passeggiate filosofiche: un viaggio nel quotidiano che ci porta oltre le etichette, al di là delle convenzioni, svelando la ricchezza dell’ordinario con occhi nuovi. Guidati da Simona e Miryam, ci siamo immersi in questa opportunità di esplorare il mondo circostante mentre si dialoga, si riflette e si crea connessione. Camminare diventa un atto consapevole, un viaggio nel territorio fisico e mentale, un’occasione per riscoprire il significato più profondo della parola “esplorare”.
In questo viaggio, i partecipanti diventano protagonisti, concentrandosi su come affrontare il cammino piuttosto che su cosa esplorare. Questo approccio mette in risalto il potenziale di chi condivide il cammino, liberandolo dalle etichette predefinite.
Camminare in maniera consapevole ci porta a osservare i dettagli e il fascino dell’invisibile. Bisogna forse perdersi per apprezzare fino in fondo quello che non si vede. Rimanere persi come Alice nel paese delle Meraviglie quando il cane con la scopetta al posto del muso le cancella il sentiero. E poi tornare in sé, ritrovarsi, sentire la strada chiamarci e riprendere a camminare.
Camminare in modo deliberato, contemplando il mondo che ci circonda, che ci apre la mente a nuove idee e prospettive. Prova anche tu a dedicare un po’ di tempo alle “passeggiate di pensiero”, un’opportunità per connetterti con te e con il mondo in maniera più profonda.
Per queste feste ti auguriamo delle pause attive: di respiro, ricarica, rinascita e perché no di passeggiate.
Troppo spesso, la frenesia quotidiana ci trascina via dalla bellezza del momento. Fermati, respira, lascia che il mondo si fermi per un attimo insieme a te.
Esserci è il dono più prezioso che puoi fare a te e a chi ti sta intorno.
Buone feste da tutti noi di Wyde!